E sono ancora qui




E infatti sono ancora qui.

Non è che abbia avuto meno tempo per il blog e adesso ne abbia di più. Ho solo deciso di prendermela più comoda e di correre meno, di dare più spazio ad attività rilassanti. Scrivo meno sui blog, meno interviste. Era diventato un secondo lavoro. Il mio lavoro vero, quello che devo fare per campare, non posso ridimensionarlo a mio piacere. Avevo ridimensionato la sfera ludica in senso stretto, quella del godimento puro, del faccioquellochemipare.Non la faccio tanto lunga e comincio a inserire qui, a gruppi, i pensieri del mattino che posto da più di due mesi su Facebook. Ho iniziato senza pensarci su, senza progettare. Poi pian piano è diventata una piacevole abitudine, un appuntamento con gli amici.

Eccone qui una zammuliata (un mucchietto, per chi non capisse il siciliano). Sono i primi, senza foto, senza immagini. Non ho cominciato a numerarli subito, all'inizio li postavo e basta, senza metodo, anche più di uno al giorno. Poi è diventato un rituale con le sue regole, E solo di recente mi è venuto in mente di dare un contenuto anche visivo all'esternazione mattutina.



12 agosto 2016

"La prima cosa che devi dire è I can't speak English well, così capiscono che devono parlare lentamente". English, questa cascata di parole mangiate? Sillabe che saltano, consonanti che restano fra i denti (faranno tutt'uno con la placca batterica)? E penso a chi arriva da lontano nel nostro Paese attraversando il mare e sente suoni incomprensibili. E ancora gli è andata bene a toccare terra vivo.



13 agosto 2016

Mentre mio figlio parla con tassisti, camerieri, cassieri e semplici sconosciuti sbriciolando qua e là, come loro, una manciata di yeaaa e so, questa cantilena incomprensibile, in cui ogni tanto galleggia una singola parola per me di senso compiuto, mi fa venire sonno.



16 agosto 2016

E metti giù quel dito, dai. Sì,  quell'indice sempre puntato su qualcuno, qualcosa. Contro qualcuno, qualcosa. Mettilo giù,  prima o poi ti farai male. E quel sopracciglio alzato, pure  quello, abbassalo.  Ti verrà una contrattura. Goditi qualcosa, di grande o piccolo, rilassati. La critica cronica logora, quasi quanto il potere, che logora pure chi lo ha.



18 agosto 2016

"In omnibus requiem quaesivi, et nusquam inveni nisi in angulo cum libro".

Tommaso da Kempis

Altrove ho incontrato cose diverse, entusiasmi e illusioni e molto altro. Ma la pace, la quiete appagante, solo "in angulo cum libro".

Non è una ricetta universale e non guardo storto chi non sa che farsene dei libri. Per me funziona da sempre.



23 agosto 2016

CAPISCO. TI CAPISCO.

- Non è che io non abbia più voglia di sorridere - disse lei. - È che non so più come si fa, mi si devono essere atrofizzati i muscoli del sorriso.

- Capisco - disse lui, che non aveva ascoltato. Da tempo aveva scoperto il potere magico della parola "capisco", capace di disinnescare ogni conversazione rischiosa. Quando il volto dell'interlocutore esprimeva un  particolare pathos azzardava un "ti capisco". Non aveva mai formulato una teoria al riguardo;  forte del suo talento di simulare e dissimulare, seguiva un istinto sicuro.




25 agosto 2016

Difficile in questi giorni parlare d'altro, pensare ad altro, ciarlare e scherzare come al solito, o come al solito accigliarsi su temi triti. Poi passa l'ondata di consapevolezza, arriva la risacca e ce ne dimentichiamo. Ma la Terra in cui ci aggiriamo con passo da padroni prima o poi ci ricorda la nostra natura di pulviscolo nell'Universo.




28 agosto 2016

Ma questo senso di futilità di ogni cosa, di fronte alle conseguenze di una convulsione della Terra, lo avverto solo io? Questa specie di ritrosia a parlare di altro, a interessarsi di altro?



5 settembre 2016

Stanno davanti ai supermercati e tendono i berretti. Ti salutano, ciao, come fai a non rispondere, a sottrarti all'incrocio degli sguardi? Qualcuno si tocca lo stomaco, con discrezione, per dire che ha fame. Gli fai un cenno, aspettami, e mentre compri tutto il superfluo di cui hai bisogno prendi cibo e una bevanda. Esci, tendi le mani, gli sorridi e lui prende la sportina. Sorride, quel sorriso abbagliante nel viso nero. Ti dice una cosa incredibile, la dicono tutti quando incontrano il tuo sorriso e il cibo che porgi, grazie, mamma, lo ripetono un paio di volte. E ti viene da piangere perché pensi a sua madre che non è qui a nutrirlo. E pensi alla sua vita sbattuta, e un pensiero meschino e vile poi ti si affaccia alla mente, che per fortuna tuo figlio ha abbastanza e forse troppo di tutto. E ti fai un po' schifo, e ti dici che forse dicendo mamma dice che ogni donna che nutre è madre. Ma se sei madre perché lui vive così, perché non lo porti a casa, lo sfami davvero, gli insegni la tua lingua, lo curi? E non ci sono risposte, non c'è risposta che abbia senso alla domanda che ti fai: perché devono esserci creature che vivono così? Cosa posso fare di serio, cosa possiamo fare tutti? Cosa dovremmo fare? Una focaccia, un frutto e una bevanda random non bastano, certo, non sono abbastanza per lui che pure ti dice grazie, mamma, e il giorno dopo ti riconosce e ti chiede, oh, tesoro, ti chiede come stai, lui, lui con il suo berretto teso, lui a te, vestita di tutto punto, con i tuoi soldi e le carte di credito in borsa. Non sono abbastanza, quella focaccia, il frutto, la bevanda, neppure per placare il tuo senso di colpa.



8 settembre 2016

Cambiare rimanendo se stessi. È possibile? Auspicabile? Necessario? Fanfaluche da gente con la pancia troppo piena? Faccio colazione, magari mi passa.

Ci ho pensato molto e non è stato facile né divertente. Con l'età s'impara a non lasciarsi andare alle reazioni a caldo. A freddo (o forse tiepido) posso dire che tutto quello che davvero conta, per me, è che in questo Belpaese un terremoto 6.0 è un terrificante disastro e altrove no. Ai tecnici dire approfonditamente perché (lo sappiamo tutti, in modo atecnico e confuso). Il resto, la satira, chi era Charlie ieri e non oggi, chi non lo è mai stato, i distinguo, è brutta ma..., è brutta e sbagliata, è questo, è quello, mi appassiona poco, anzi per niente.



9 settembre 2016

Pensiero del mattino n. 1

La buona scuola è quella che non crolla per un sisma 6.0.



9 settembre 2016

Pensiero del mattino n. 2.

Tutto quello che ho imparato vivendo - cioè vedendo allungarsi il passato e accorciarsi il futuro - è tenere a bada il senso di impotenza e non coltivare illusioni per non restare delusa. È poco? È abbastanza? In ogni caso, è quello che so fare.



10 settembre 2016

Pensiero del mattino n. 3.

A volte sono tentata di dirmi coraggiosa per aver tante volte cambiato vita (lavoro, città, per esempio). Poi ieri, mentre aspettavo il verde di un semaforo per attraversare una strada, ho visto una ragazza graziosa, vestita come le ventenni sue coetanee, zainetto sulle spalle, capelli lunghi, che nell'attesa sistemava il collare del suo cane. Il bastone mi ha rivelato il buio in cui si muove. E ho pensato a quanto coraggio ci vuole per muoversi nel buio, anche in una città ordinata come questa. E ho pensato ai calciatori e alla ragazza con il giavellotto delle Paralimpiadi, atleti nel buio. Al loro coraggio vero.



11 settembre 2016

Pensiero del mattino n. 4.

Di tante parole dette e scritte, quante sono davvero necessarie? Più silenzio, più raccoglimento, più ascolto e meno esternazioni aiuterebbero forse a pensare meglio.



12 settembre 2016

Pensiero del mattino n. 5.

Un mio amico saggio giorni fa mi ha detto una cosa bellissima. I figli - ha detto - sono frecce scagliate verso il cielo, quando partono non puoi richiamarle indietro. Certo, è così - ho risposto - quello che ci turba è non poterli più proteggere, anche (soprattutto?) da loro stessi. E adesso, mentre misuro il tempo secondo la doppia ora dell'Italia e di un Paese lontano, penso che questa è l'impervia terra di mezzo: troppo tardi per proteggerli, troppo presto perché siano loro a proteggere la nostra fragilità di vecchi, ancora, per fortuna, di là da venire.



13 settembre 2016

Pensiero del mattino n. 6.

Foer, in "Eccomi", ha risposto a una domanda che mi sono sempre posta sui tanti ebrei vincitori del Nobel. E mi ha convinto.

"Alcune religioni puntano sulla pace interiore, altre sul rifiuto del peccato, altre sulla lode. L'ebraismo punta sull'intelligenza - sotto il profilo testuale, rituale e culturale. Tutto è studio, tutto è preparazione, un perenne riempire la cassetta degli attrezzi mentale finché non si è preparati per qualunque situazione (e la cassetta è troppo pesante per essere trasportata). Gli ebrei costituiscono lo 0,2 per cento della popolazione mondiale ma hanno ricevuto il 22 per cento di tutti i premi Nobel - il 24 per cento, se si escludono i Nobel per la pace. E non essendoci un Nobel per l'essere sterminati, per una decina d'anni gli ebrei non ebbero molte possibilità, quindi la percentuale effettiva è ancora più alta. Perché? Non perché gli ebrei siano più intelligenti degli altri; è perché gli ebrei puntano sul genere di cose che vengono premiate a Stoccolma. Gli ebrei si allenano per i Nobel da migliaia di anni. Ma se ci fossero dei premi Nobel per la soddisfazione, per il senso di sicurezza o per la capacità di lasciar andare, quel 22 per cento - 24 per cento senza la Pace - avrebbe bisogno di un paracadute."



E per ora mi fermo qui. Alla prossima.

Rosalia Messina