Note a margine di una recente polemica

   L'acceso dibattito che è nato e si è diffuso sui social a seguito di un'intervista rilasciata due giorni fa alla giornalista di Repubblica Brunella Torresin da Marco Bonassi, direttore della libreria Feltrinelli di piazza Ravegnana a Bologna, mi induce a fare un'osservazione molto semplice.
   Riporto il passaggio incriminato dell'intervista, così non incorro in indebite traduzioni del pensiero altrui. Si sta parlando della lista di libri Scelti per voi, dieci titoli di saggistica e dieci di narrativa, che fino a Natale Bonassi propone ai lettori:
  «Di autrici nemmeno una?
   Lo confesso, non ne leggo molte. E non volevo barare, né fare il politicamente corretto.»

  Il giorno dopo il direttore spiega meglio  su Repubblica il suo pensiero, che Emanuela Giampaoli riassume così: «...preferisce dedicarsi alla saggistica e tutto sommato anche i romanzieri maschi li frequenta poco.» Testualmente (cioè tra virgolette) la giornalista riporta poi questa dichiarazione: «Nessuna discriminazione, è solo che nel mio campo di interesse, che spazia dalla filosofia all’astrofisica passando per la letteratura russa e mitteleuropea, le voci femminili sono oggettivamente poche. E comunque quelle poche le leggo. C’è ad esempio un saggio recente di Serena Vitale che si intitola “Il defunto odiava i pettegolezzi” su Majakovskij, che è uno dei titoli più interessanti usciti negli ultimi tempi e lo regalerò anche a Natale.»

 Premetto che sono contraria a qualunque tentativo di fornire al prossimo  le dodici tavole su cosa si deve e non si deve mangiare, su come si deve o non si deve trasorrere il tempo libero e via spaziando in tutti i territori che riassumiamo con il termine cultura. Niente modelli culturali da imporre, per quanto mi riguarda; rispetto chi legge cose diverse da quelle che amo leggere io e anche chi non legge nemmeno l'elenco telefonico. 
  
  Detto questo, però, dichiarazioni come quelle di Marco Bonassi mi suggeriscono un'altra riflessione. Avete notato che per lavorare con i libri (per venderli e anche per pubblicarli) pare non sia necessario amarli? Non voglio dire che Bonassi non ami i libri, però mi colpisce il fatto che tagli fuori dai suoi interessi quasi per intero la letteratura: le scrittrici donne, sembra di capire, in quanto raramente (davvero?) scrivono saggistica, ma anche i narratori maschi non gli interessano molto. E, per associazione di idee, mi viene da chiedere: di quanti editori che avete conosciuto (mi rivolgo a chi scrive e naviga nelle acque limacciose dell'editoria italiana) potete dire che amano la scrittura, che leggono davvero i libri, che pubblicano solo o almeno prevalentemente opere in cui credono? Il libro è una merce come un'altra, non occorrono passione e vocazione per fare un mestiere in cui si maneggiano i libri. Io l'ho scoperto di recente, a sessant'anni suonati. E che vogliamo farci, non tutti nascono imparati, come si dice dalle parti mie.
Rosalia Messina